5.11.12

UN' ALTRA CONTIGUITA'


Andrea Magaraggia, Michele Lombardelli, Luca Scarabelli
a cura di Alessandro Castiglioni
18 novembre - 31 dicembre 2012



Un’altra contiguita’ nasce nel contesto di On Stage, il progetto curato da Andrea Bruciati per ARTVERONA, la Fiera dell’Arte di Verona che quest’anno propone con I benandanti un focus sul delicato ruolo del curatore nell’attuale sistema dell’arte.
Per questo progetto Alessandro Castiglioni ha tracciato un percorso a più mani che si caratterizza come una riflessione sul metodo. Sviluppato in forma di talk all’appuntamento veronese tale lavoro assume ora una dimensione espositiva concepita, poi, per lo spazio di riss(e)

“Questo breve intervento attesta una modalità di lavoro che vuole porre un fermo interrogativo sui tradizionali confini disegnati ai limiti tra ricerca critica e pratica artistica. Pensare che questi ambiti possano svilupparsi sotto una forma di continuità e non in una sorta di opposizione, se non altro, sotto l'aspetto sostanziale (quello della forma e quello del discorso), è il fatto centrale di questo progetto sviluppato a pari livello da Michele Lombardelli, Andrea Magaraggia, Luca Scarabelli e me.
Effettivamente, in questi pochi mesi,  abbiamo costruito un luogo di contiguità tra forme, discorsi, pensieri. Abbiamo incontrato poi diversi personaggi, interrogato documenti, intrecciato ipotesi. Il primo punto in discussione è, dunque, la nostra capacità narrativa e dialogica, la forza evocativa della forma e quella della negazione, dell'assenza. E' qui che Magaraggia cita La forma nell'arte e nella natura di Giorgio De Chirico, dove l'artista parla di “forma” come spazio e come attività mentale (questione, questa, poi ripresa dalla fondante lettura di Jole De Sanna) e Lombardelli ricorda, d'altra parte, Ad Reinhardt «...Anti-anti-arte, non-non-arte, non espressionista … non visionaria, non immaginativa, non mitica...», come se il pittore americano fosse “fosse l'ago della bilancia, il grado zero, l'inizio, l'introduzione di un racconto a più voci”. E' a questo punto che mi sembra adeguato inserire un ulteriore personaggio: Samuel Beckett. Nei suoi ultimi scritti, datati tra il 1988 e il 1989, compare evidente il dramma, esistenziale ed artistico, scaturito dalle relazioni tra forma e discorso. «Dire un corpo. In cui niente. Niente mente. In cui niente. Almeno questo. Un luogo. In cui niente...». Infine Scarabelli ci mostra un corvo immobile su un cumulo di gomme di bicicletta. Luca mi ricorda Luigi Malabrocca che correva il giro d'Italia per arrivare ultimo. Per vincere la maglia nera. Paradossalmente la sua corsa tendeva così alla stasi, all'immobilità.  
Un altro nero dunque, un'altra crisi di forme e discorsi, un'altra contiguità.”
Alessandro Castiglioni

 Un'altra contiguità, Ad Rehinardt, El Lissfitzky, selezione di Michele Lombardelli, foto Ermanno Cristini

 Un'altra contiguità, foto Ermanno Cristini

Luca Scarabelli,  Orizzonte degli eventi, 2012, corvo nero in tassidermia, copertoni usati di bicicletta, cm 90 x 90 x 50, foto Ermanno Cristini

 Michele Lombardelli, Black landscape, 2009, tempera su tela e fotografia in b/n dimensioni variabili courtesy Arte Boccanera, Trento, foto Andrea Magaraggia

Andrea Magaraggia, Continuità (particolare), 2012, policarbonato cm 90 x 200 x 30, foto Andrea Magaraggia

Un'altra contiguità, foto Andrea Magaraggia
 

3.9.12

THE ISLAND


22 Settembre - 4 novembre 2012

Quando, nel corso degli umani eventi, diviene necessario per un popolo spezzare i legami politici che lo hanno unito ad un altro, ed assumere, fra le potenze della terra, la posizione distinta e paritaria a cui le leggi della Natura e di Dio gli danno diritto, il giusto rispetto dovuto alle opinioni dell'umanità esige che esso dichiari le ragioni che lo costringono a separarsi.

Consideriamo verità evidenti per se stesse che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono stati dotati dal loro Creatore di taluni diritti inalienabili; che, fra questi diritti, vi sono la vita, la libertà e il perseguimento del benessere. Che per garantire questi diritti, vengono istituiti fra gli uomini dei governi che derivano dal consenso dei governati il loro giusto potere. Che ogni qualvolta una forma di governo diviene antagonistica al conseguimento di questi scopi, il popolo ha diritto di modificarla e abolirla, e di creare un governo nuovo, ponendo a base di esso quei principi, e regolando i poteri di esso in quelle forme che offrono la maggiore probabilità di condurre alla sicurezza ed alla felicità del popolo medesimo. La prudenza consiglierà, in fatto, di non cambiare per motivi tenui o transitori governi stabiliti da tempo; l'esperienza dimostra, invero, che gli uomini sono più inclini a sopportare i mali, finché sono tollerabili, che a riprendere la giusta direzione, abolendo forme alle quali sono adusati. Ma quando una lunga serie di soprusi ed usurpazioni, volti invariabilmente ad un unico scopo, offrono prova evidente del disegno di un governo di assoggettare il popolo a condizioni di dispotismo assoluto, è diritto e dovere del popolo di abbattere quel governo e di creare nuove salvaguardie per la sua sicurezza futura.

Tale è stata la paziente sofferenza di queste Colonie (PADANIA); e tale è la necessità che le costringe a mutare il loro precedente sistema di governo.

Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d'America - 4 Luglio 1776

Estratto integrale dalla homepage del sito internet della Lega Nord di Varese



Édouard Glissant_Daniele Geminiani, 2009 © The Islandi

 foto Ermanno Cristini
 foto Ermanno Cristini
 foto Ermanno Cristini
 foto Ermanno Cristini
foto Ermanno Cristini
  foto Mary Zurigo

2.7.12

HOMO MUNDUS MINOR. Una volontà degli altrove

Alec Lewis Pwerla, Collectif Indigène, Ermanno Cristini e The Clement Project
a cura di Jean Marie Reynier
1-15 Luglio 2012 


Una costante ricerca di confronto, ecco quello che può guidarci in questo fare processuale.
Questa esposizione, una collettiva di quattro artisti e curatori, presenta "solo" due quadri fisici, che diventano una stratificazione linguistica.  ​Alec Lewis Pwerla artista australiano offre alla visione dell'occidente un linguaggio composito di algebre e memorie, mentre il Collectif indigène (Andreanne Oberson & Jean-Marie Reynier, artisti franco-svizzeri) dona un insieme di anatomia e modificazione.
Il ruolo di Ermanno Cristini in questo caso non sarà solo quello di ospitante, ma (per riprendere le sue parole nel contesto di una recente esposizione comune) anche quello di testimone. Il dispositivo curatoriale è studiato rispetto al vuoto, un vuoto che Cristini sarà spinto a riempire nel corso dell'esposizione. Come nello studiolo di San Gerolamo il testimone e custode degli eventi tradurrà il linguaggio in linguaggio.

Dal titolo "homo mundus minor", l'esposizione si sposta dunque verso la necessità dell'umano di essere e inventare mondi più grandi di sè, e questo anche grazie ad una interazione di più corpi e incarichi. Una liquefazione degli intenti. 
Ringrazio particolarmente Ermanno di essersi ancora una volta prestato a questo esercizio, e il Clement Project di averci affidato uno dei pezzi più importanti della loro collezione. 

Distinti saluti

Jean Marie Reynier


Collectif Indigène
nato nel 2009 da Andreanne Oberson (CH) & Jean-Marie Reynier (F), artisti e curatori
http://www.collectif-indigene.ch


foto Adreanne Oberson
  foto Adreanne Oberson
 foto Adreanne Oberson
 foto Adreanne Oberson
 foto Adreanne Oberson

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1.6.12

TRE COLLEGAMENTI FISICI

Un progetto di ricerca di Paolo Tognozzi
a cura di Alessandro Castiglioni
9 - 24 giugno 2012


Riss(e) presenta la prima mostra personale del giovane artista Paolo Tognozzi. Il progetto, Tre collegamenti fisici, è parte di un più ampio programma curato da Alessandro Castiglioni, dedicato all'esplorazione dei sistemi di conoscenza caratteristici della contemporaneità. La mostra è il primo di questi appuntamenti.

Scrive Italo Calvino nel 1964 “finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita, il primo libro già ti definisce mentre  tu in realtà sei ancora lontano dall’esser definito; e questa definizione poi dovrai portartela dietro per la vita, cercando di darne conferma o approfondimento o correzione o smentita, ma mai più riuscendo a prescinderne.
Questa considerazione, privata e romantica, è una considerazione sull'inizio, soprattutto per un giovane artista, ma è anche alla radice di un pensiero in cui la letteratura, o più in generale l'arte, si muove su un piano di contenuti, di argomenti, di perché. Mi chiedo se oggi Paolo Tognozzi, in questo suo primo progetto artistico, dovrebbe porsi il problema che nel 1964 Calvino mise a fuoco rispetto alla stesura del Sentiero dei nidi di ragno. In realtà, smantellate le ultime infrastrutture della nostra modernità, ciò che muove Paolo Tognozzi, ma come lui, molti artisti nella nostra contemporaneità, è l'interesse per le metodologie, i sistemi, i meccanismi di conoscenza. Dotati di smartphone, costantemente connessi e a caccia di free WiFi, ci avvaliamo di un perpetuo accesso a informazioni, dati, immagini. Non ho davvero alcun interesse, oggi, a ricordare, per fare un esempio, una data, quando so, in tempo reale, come accedere a quell'informazione. Per la nostra google generation è un problema di motori di ricerca e attendibilità delle risorse. Il web così non ci appare come un far west senza regole da conquistare, come l'informazione massimalista e già sconfitta, vuole raccontarceli. Si tratta bensì di un'architettura complessissima in cui, l'unico modo per non perdersi, è capire come accedere alle sue molteplici e diverse stanze. Paolo Tognozzi, che per ragioni anagrafiche, non ha conosciuto l'informazione prima della rivoluzione, racconta il riflesso di questo mondo. Parla di collegamenti fisici, cioè delle relazioni dirette, tra campi di ricerca e risultati ottenuti. Parla di immaginari e approssimazioni e continua a domandarsi come nel nostro universo mediale ci si pone una domanda. E così continua a porre domande. L'estetica diviene un accidente, un'avventura come la Sicilia delle conversazioni di Vittorini. La considerazione di Calvino sempre presente.

Alessandro Castiglioni

  Paolo Tognozzi, Tre collegamenti fisici, 2012

  Paolo Tognozzi, Tre collegamenti fisici, 2012

  Paolo Tognozzi, Tre collegamenti fisici, 2012

  Paolo Tognozzi, Tre collegamenti fisici, 2012

  Paolo Tognozzi, Tre collegamenti fisici, 2012

  Paolo Tognozzi, Tre collegamenti fisici, 2012

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30.4.12

NOTMADEKNOWS. Luca Scarabelli

12 – 27 maggio 2012


L’intervento pensato da Luca Scarabelli per Riss(e) si sviluppa su due momenti.  La presenza di un piccolo gruppo di lavori e un‘azione collettiva che non differenzia l’atto quotidiano (una cena) dalla sua rappresentazione.
Un tema trattato e considerato dai suoi recenti lavori e rilanciato in occasione della serata da Riss(e) è quello della caduta e del fallimento, visto a posteriori come positiva possibilità per riscrivere una situazione o ricrearla a proprio vantaggio, e fin qui tutto bene, tutto bene finché si rimane sul filo, perché il problema è aver la capacità di non curvarsi sulla dura superficie una volta arrivati a toccarla, ma farsi rimbalzo, e abbracciare l’incertezza dello stacco e della sospensione, che poi è una costante del nostro tempo. Si cade malamente quando non si trasforma il senso del filo in mestiere, in necessità.
Anche se è prevista una cena come ambiente comunicativo aperto al dialogo, gli piace ricordare che solo chi sa digiunare, chi sa sospendersi come Siddhartha, è libero dai ricatti.
Alla cena sono state invitate 12 persone (un numero che è anche una data; la coincidenza vuole che sia quella della nascita di Joseph Beuys)  che frequentano a vario titolo il mondo dell’arte; Scarabelli non ha invitato solo il loro titolo, il loro genere, in particolare ha invitato le loro parole e la loro capacità di ascolto e di interpellazione. Nel dialogo il polo dell’ascolto è importante quanto la voce che ti invita alla conversazione, così come lo è la possibilità di cambiare atteggiamento o idea; o ancora la possibilità, che è anche libertà, di uscire dal discorso o rifiutarlo, come dire a qualcuno in modo deciso; io non ti conosco. La cena come momento conviviale e dialogico il cui companatico è qui anche una pagnotta che è una considerazione sul fare un buco nel pane.
Dopo l’aura dell’opera, la stessa ha smarrito nello spazio della caduta anche l’ombra si direbbe, il senso che la tiene ancorata al tempo e alla storia; ad esempio Margaretha, la protagonista del lavoro sonoro (la notte di Margaretha), presentato per l’occasione nei locali abitati di Riss(e), la rincorre durante una notte insonne, subisce i rovesci della sorte: ma è un buon capitale per l’uomo che impara dai suoi errori.
C’è poi in mostra un piccolo collage, disturbing the universe, che ci dice qualcosa in proposito del dialogo tra cielo e terra, un lavoro del 1996 mai esposto prima e un’opera, che è un lavoro in corso, presentata in un momento di attesa, di aporia forse, ma capace di aprire in stato di emergenza e in prospettiva, situazioni interpretative significative.
ore 18.00-20.30 apertura al pubblico.
ore 20.30-22.00 cena-dialogo ad invito.


Luca Scarabelli
2012 EXCUSE MY DUST, SRISA Gallery of Contemporary Art, Firenze; Mars, Milano / 2011 PROCESSO DI CRIPTAZIONE E ASTRAZIONE ESOTERICA, Spazio 12, Barasso; IN PRINCIPIO Chiostri Bramanteschi, Università  Cattolica, Milano; CARTOGRAFIA DI UN PAESAGGIO SOSPESO, Castello di Jerago; ROAMING. SIGNIFICATI POSSIBILI, Riso, Museo d'Arte Contemporanea della Sicilia, PPS/Meetings, Palermo / 2010 ROAMING. HETEROTOPIAS , Musée Cantonal Des Beaux-Arts, Lausanne; ROAMING.OFF-CELLS: PRACTICES OF NO VISION, Museo d'Arte Contemporanea Villa Croce, Genova; ROAMING.THE ABSENCE OF EVERYTHING, Forum Stadpark, Graz; ROAMING. TRANSITION, A PRIVATE MATTER, Vyšehradská 26, Prague; CABINET DE REGARD: AIUOLE D'ATTESA, Castello di Jerago; ROAMING. IF SPACE MEANT NOTHING, Condotto C, Roma / 2009 ROAMING. STREAMING TIME, 91mQ Art Project Space, Berlin; IL RESTO DEL TEMPO, Castello di Jerago; ROAMING. FILOSOFIA DELLE PICCOLE COSE, La Rada Spazio per l'Arte Contemporanea, Locarno / 2008 UN BEL POSTO PER DIMENTICARE, Spazio Arte Contemporanea, Buttrio; ROAMING. TAPIS VOLANT, Musée de Saint Denis, Parigi; ROAMING. REPETITA IUVANT, Assab One, Milano; ROAMING. START UP, Officine Creative, Barasso / 2008 BICYCLE RACE ON THE MOON, Galleria Maria Cilena, Milano / 2006 COME QUANDO FUORI PIOVE, Villa Scalabrino, Mozzate; / 2003 PASSI SPARSI, Amste contemporary art, Lissone / 2000 Museo d'Arte Contemporanea Chiostro di Voltorre, Gavirate; FRESCHE DISTRAZIONI SOTTOLINEATE, Galleria Martano, Torino


http://www.lucascarabelli.it/



 Luca Scarabelli, Notmadeknows, 2012

  Luca Scarabelli, Notmadeknows, 2012

  Luca Scarabelli, Notmadeknows, 2012

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15.3.12

REJECTED WORKS. Antonio Catelani

31 marzo - 30 aprile 2012  

Rejected works si compone di un ristretto nucleo di “oggetti” appositamente raccolti per riss(e), formando un ciclo ibrido a metà tra ready–made e manufatto artistico non pienamente estrinsecato; alcune parti di oggetti d’uso rinvenute per strada si ibridano, o soltanto si accostano, a reperti interni allo studio dell’artista: lemmi decaduti, lasciati in disparte o scartati e non utilizzati nell’articolazione di cicli più ampi e omogenei di opere.
Due metà si compongono in un innesto eterogeneo o molto semplicemente si mostrano nella loro isolata presenza di manufatti intenzionalmente rigettati o dimenticati. Non c’è in questo caso da decontestualizzare alcun oggetto e la de-collocazione è già insita nel non essere più parte di un intero originario; rimane la possibilità di rielaborazione per questi resti che vengono assunti all’interno dell’operare, poiché anche nella frammentarietà, nella loro minima sufficienza, essi mantengono una singolarità e un grado di finitezza intrinseco, seppure in forma di relitto.
La de-costruzione, abitualmente praticata a livello linguistico e formale, sembra quindi investire anche il piano più propriamente “stilistico”. Ciò che si scopre in questa mostra appare incongruo con il percorso espressivo dell’artista: un’interruzione imbarazzante; una forzatura che fa abdicare allo stile e alla usuale operatività per lasciar spazio ad un alter ego, ad un altro e più disinvolto bricoleur che prende la mano e conduce il gioco delle relazioni, dove ciò che è rifiutato, rigettato dallo stesso artista, assurge momentaneamente al rango di opera messa in mostra.


Antonio Catelani
Agli esordi fiorentini nel 1985 fa parte di un gruppo che, assieme a Carlo Guaita e Daniela De Lorenzo, con la curatrice Maria Luisa Frisa,  propone una articolata e ferma risposta d’impronta minimalista alla precedente corrente neoespressionista: Transavanguardia e pensieri affini. Saldatasi immediatamente con esperienze di rinnovamento simili, operate dagli artisti milanesi gravitanti attorno a Corrado Levi e da quelli  romani con Carolyn Christov-Bakargiev, tutti assieme formano una “generazione di mezzo” che prontamente reintroduce un fare arte cosciente delle proprie prerogative in continuità con le esperienze concettuali degli anni Settanta.
Tra le principali mostre personali si ricorda: Galleria Carini, (1987);
Pendant, Studio Guenzani, Milano (1989); Compresenze, Studio Guenzani, Milano (1992); Il corpo del colore, Akademie Schloss Solitude, Stuttgart (1995); Antonio Catelani-Partito Preso, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1996); Madreforma, Galleria Continua, San Gimignano, (1998);  Ipercromo, Künstlerhaus Palais Thurn und Taxis, Bregenz (2005): Verbinden, Galleria Maria Grazia Del Prete, Roma (2008) . Tra le collettive: Scultura, Galleria Schema, Firenze (1985); Il cangiante, Padiglione d'Arte Contemporanea, Milano (1986); Arte nuova d'Italia, Studio Marconi, Milano (1987); Prospect '89, Schirn Kunsthalle, Frankfurt/M. (1989); Una scena emergente, Museo Pecci, Prato/Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Wien (1991); Itinere 2, Palazzo delle Papesse, Siena (1999); Continuità 1990-2000, Museo Pecci, Prato (2002); Are you sensitive?, Museo Marino Marini, Firenze (2006); ITaliens, Botschaft der Italienischen Republik, Berlin (2010). Ha partecipato inoltre alla 43° Biennale di Venezia, Aperto ’88, e alla XII e XV Quadriennale d'Arte di Roma (1996 e 2008). L’artista, che dal 2008 risiede stabilmente a Berlino, ha in passato curato alcune mostre, scritto testi per altri artisti ed è stato cofondatore di BASE progetti per l’Arte a Firenze.

http://www.antoniocatelani.com

 
Antonio Catelani, Assenze, 2012, olio su tela, foto Primoz Bizjak


Antonio Catelani, Rejected works, 2012,site specific, foto Primoz Bizjak

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24.2.12

DOPPIO APPELLO. Giannetto Bravi, Chiara Pergola con Antonella Huber

02 - 25 marzo 2012 
Due artisti e il Museo: Giannetto Bravi con le sue QUADRERIE D’ARTE, “il museo di tutti i musei”, una ricerca che da quarant’anni contraddistingue la sua poetica, e Chiara Pergola con MADELEINE, un’ipotesi di lavoro sull’idea di museo che si articola in azione grazie alla presenza di Antonella Huber, docente di Museologia del Contemporaneo.

Quadreria d’arte, Giannetto Bravi
La fonte si trova in quella sorta di minimarket del turismo culturale costituito dal bookshop dei musei d’arte di tutto il mondo. Dunque cartoline e l’interminabile proposta di gadget (dalle matite ai block notes, dalle statuette agli oggetti più fantasiosi) che a volte trattiene e intrattiene il turista più dell’esposizione stessa.   
Si tratta di simboli di un consumo “alto”, rassicuranti punti di riferimento di un “grand tour” mordi e fuggi, che perdono inevitabilmente per strada il senso vero della loro origine, e che qui diventano occasione per una riflessione “sui modi di presentazione dell’opera, del rapporto tra l’opera e il contesto museale, sulle modificazioni che ne segnano lo spazio e, al tempo stesso, sulle relazioni con il pubblico.”(Angelo Trimarco), come nella grande mostra realizzata nel 2007 al Museo di Capodimonte a Napoli.
A tale poetica si lega l’intera esposizione di Doppio appello, in cui è proposta una Quadreria di sedici pezzi con cartoline aventi per tema paesaggi e nature morte, due generi topici della fenomenologia museale, ai quali si affianca una copia del libro d’artista Pompei composto di postali ripetute che rimandano all’evento storico. A completamento otto lavori che racchiudono dei singolari gadget museali, un pezzo che assembla quattro sottopiatti con medesimo soggetto, “le Signore di Giovanni Boldini”, e una sorta di piccola scultura surrealista, la tazza presa dal fantasmagorico repertorio iconografico di Salvador Dalí messo in scena dai musei che lo rappresentano.       

Madeleine,
Chiara Pergola con Antonella Huber
Che cosa significa aprire un museo?
In origine era il luogo sacro alle muse, figlie di Zeus e Mnemosyne, il luogo del farsi della memoria collettiva, e in analogia al funzionamento del corpo, distillato dell’interazione di tutta l’attività corticale, di quell’insieme di parti interagenti che chiamiamo società. Ma se il museo sia questo oggi, non è chiaro. A quanto pare, risulta sempre più difficile, in un’epoca di atomizzazione individualistica, riconoscere come proprio un tracciato comune. Ammesso che fosse tale; può essere che il sospetto di una “cultura di parte” sia giustificato. E che questo sospetto sia la causa di fondo della sostanziale amnesia contemporanea. Può darsi che nessuno abbia voglia veramente di ricordare, finché tutti, fino all’ultimo individuo che popola la terra non avrà messo al mondo il proprio segno personale, la propria scrittura, la propria traccia (e qui si intende esattamente “la sua”), e l’avrà vista riconosciuta da tutti. Tutti gli altri che pure chiedono lo stesso riconoscimento. Ma come è possibile ricordarsi di tutti? Potrà mai il segno di ognuno, formare un linguaggio? E che forma deve avere, questa lingua, perché possa essere parlata? La domanda prende la forma di un esperimento volto a sondare il grado di preparazione al riconoscimento reciproco.
Si ringrazia per la collaborazione Costanza Candeloro.


Giannetto Bravi
Dopo aver esordito a Roma con una mostra presentata da Achille Bonito Oliva alla Galleria Fiamma Vigo, prosegue l’utopica “Operazione Vesuvio” - avviata nel 1972 dal critico Pierre Restany e dall’artista Gianni Pisani - inviando cartoline postali del mitico vulcano con indicato il luogo preciso in cui il destinatario doveva prelevare un “pezzo di Vesuvio” da invaligiare e riportare in tempi migliori, quando si fosse placata la corsa alla speculazione edilizia, per ricostruire il cono vulcanico. Alle cartoline soltanto scritte seguono quelle con l’aggiunta di “reliquie” di polvere vulcanica; poi i quadri con cartoline assemblate in una sorta di paesaggio “ricostruito”, astratto; quindi, Bravi man mano dilata i suoi tappeti di illustrate, iterando sul supporto la stessa immagine, operazioni capaci di aprire un dibattito che ha coinvolto alcuni dei maggiori critici contemporanei (dal già citato Restany a Lea Vergine, da Gillo Dorfles a Vicky Alliata) in occasione di una mostra alla Galleria Milano di Carla Pellegrini. Ancora, un’unica cartolina riprodotta su una grande tela o montata su un’alta asta come un’icona sacrale sono altri esiti dell’investigazione che da anni l’artista conduce su questo ready-made della comunicazione turistico-culturale, muovendosi, come scrive Angela Vettese, su un duplice binario “quello caldo della semantica sociale e quello freddo sul linguaggio dell’arte”.
http://www.giannettobravi.it/
 
Chiara Pergola
La sua ricerca è legata ai contesti e può essere descritta come un modo di collocarsi, di cui la produzione artistica rappresenta la traccia. Ha iniziato il proprio percorso espositivo utilizzando come medium testi politici e filosofici di riferimento del ’68 italiano; partendo dalla propria abitazione di origine, in cui erano raccolti (Clausura a cura di Andrea Cioschi, 2005) ha progressivamente sconfinato occupando librerie (Epifania a cura di Annalisa Cattani e Donatella Franchi, Libreria delle Donne di Milano, 2006) biblioteche e luoghi di cultura (sCulture a cura di Roberto Daolio, Melbookstore, 2007; Galleria Civica di Modena, 2008). Nel 2009 dopo la laurea in Pittura, segue il laboratorio di paesaggio manUfatto in situ tenuto da Tania Bruguera, con cui tutt’ora collabora in relazione a specifici progetti (di recente, International Migrants Day, 18 dicembre 2011). Nel 2010 ha vinto il 52° premio Campigna, con la proposta di intervento nello spazio urbano Via, in corso di realizzazione, ed è tra i finalisti del concorso Qui l’arte è di casa indetto da GAMeC e dal Comune di Bergamo. Ha fondato nel 2009 il museo-opera Musée de l’OHM all’interno di un comò del XIX secolo, che accoglie mostre di arte contemporanea ed è stato a sua volta oggetto di mostre presso varie sedi; tra queste: galleria neon>campo base, Museo d’Arte Moderna di Bologna, Museo Civico Medievale di Bologna dove è visibile a tutt’oggi all’interno della Sala Cospiana.
http://www.mambo-bologna.org/news/news-29/

Antonella Huber
Docente di Museologia del Contemporaneo presso la Scuola di Specializzazione in Beni Artistici e Storici dell'Università di Bologna, inizia l'attività didattica per l'insegnamento di Museologia e Museografia a partire dal 1990 in qualità di professore esterno presso diverse sedi universitarie (Politecnico di Milano; Facoltà di Architettura dell'Università di Ferrara; Facoltà di Architettura dell'Università di Sassari; Scuola di Specializzazione in Storia dell'Arte dell'Università di Bologna). Le sue ricerche riflettono sulle pratiche e i modelli adottati nella costruzione dello spazio espositivo, in particolare, sulle pratiche espositive più significative del Novecento, sul display come espressione autoriale e sul museo come fonte di ispirazione per l'artista contemporaneo (tra le pubblicazioni: Il Museo italiano, Milano 1997 e Le ragioni del museo, Bologna 1999). Da oltre vent’anni è consulente per lo studio degli aspetti museologici e museografici nell'ambito della progettazione di mostre e musei.


Giannetto Bravi, Quadreria d'arte, 2007-12, foto Massimo Marchetti

Chiara Pergola con Antonella Huber, Madeleine, 2012, foto Massimo Marchetti
 Chiara Pergola con Antonella Huber, Madeleine, 2012, foto Massimo Marchetti
 Chiara Pergola con Antonella Huber, Madeleine, 2012, foto Massimo Marchetti
Chiara Pergola con Antonella Huber, Madeleine, 2012, foto Massimo Marchetti

11.1.12

THE WEIGHT OF DREAMS. Francesco Mattuzzi


27 gennaio- 21 febbraio 2012



Francesco Mattuzzi presenta a riss(e)  The Weight of Dreams, un progetto composto di un’installazione video, materiale fotografico e radiografico, recentemente oggetto di una mostra alla Galleria Civica di Trento, a cura di Denis Isaia.

Il lavoro di Francesco Mattuzzi è incentrato sulle relazioni che soggiacciono ai processi di transito e di trasporto delle merci.



“The Weight of Dreams è il racconto di ciò che sta alle nostre spalle. Risultato finale di 7 anni di ricerca fra interviste, testi, reperti, fotografie e video. The Weight of Dreams si sporge nel mondo dei camionisti per descrivere lo stato dei nostri sogni fra bulimia dei bisogni, sovraesposizione ai segni e ripristino del desiderio. Il progetto è anche la ricerca di una narrazione antropologica: più che un'indagine sulla circolazione delle merci, la condivisione della vita che si consuma nel loro trasporto. Un viaggio a cavallo del paradosso che attraversa i nostri tempi. Da una parte c'è il ricordo della libertà dono della società del benessere. Dall'altro la constatazione che l'incarnazione della stessa nella sola circolazione delle merci e dei segni ne erode, nel peso quotidiano, il valore.”
Denis Isaia

Francesco Mattuzzi

Dopo essersi formato alla scuola d'arte di Rovereto, studia fotografia all'Università di Bolzano con Francesco Jodice. In questo contesto prende avvio Startrucks, uno studio sociologico sui camionisti attraverso l'analisi della stratificazione decorativa dei segni culturali. In seguito collabora con lo Studio Jodice e con Armin Linke. Con quest'ultimo nel 2008 firma la regia di Future Archaelogy, un progetto di indagine parte di Decolonizing Architecture di Alessandro Petti, Eyal Weizman e Sandi Hilal. Future Archaelogy si propone di analizzare secondo una prospettiva urbanistica, politica e culturale l’occupazione e la trasformazione dei territori palestinesi da parte degli israeliani, anche con l'uso di tecniche filmiche sperimentali. Future Archaelogy ha partecipato a varie rassegne di cinema fra cui si la 67° mostra del cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti. 

La fase di ricerca sulla circolazione delle merci in Europa inaugurata da Startrucks dà luogo nel 2009 all progetto DE.MO./Movin'UP - Residenze 2009. Nel contesto di Platform Garanti Contemporary Art Center di Istanbul, Startrucks si evolve nel progetto E-Roads.  Nel 2010 il progetto subisce un'ulteriore fase di implementazione che lo porta a chiudere l'indagine. L'incontro di Aurelio e Latifa - una coppia di camionisti che condivide per 26 giorni alla settimana quattro metri cubi di spazio - è lo spunto per Dodiciruote, un documentario sul mondo dei camionisti la cui presentazione è prevista nell'estate 2012. Dodiciruote ha ricevuto diverse lettere di interessamento da festival di cinema internazionali quali la 69a mostra del cinema di Venezia, il CPHDOX di Cophenaghen e l' Horse Pistes al Centre Pompidou di Parigi.

http://www.futurearchaeology.net
 

lambda print, foto Francesco Mattuzzi

lambda print, foto Francesco Mattuzzi

lambda print, foto Francesco Mattuzzi
lambda print, foto Francesco Mattuzzi

 lambda print, foto Francesco Mattuzzi

lambda print, foto Francesco Mattuzzi

 videoinstallazione, foto Francesco Mattuzzi

7.1.12

CHIRALITA' parte seconda

19 novembre - 12 dicembre 2011

La chiralità è un paradosso: un'immagine speculare non sovrapponibile a se stessa. Articola e problematizza dunque l’immagine, anzi l’archetipo dello “Specchio”, cioè del doppio, del riflesso, del guardato che guarda.

Chiralità è un’esperienza di scambio e di negoziazione dei saperi che ha preso avvio lo scorso ottobre a partire da un’installazione di Oppy De Bernardo realizzata, a cura di Jean Marie Reynier, presso i Sotterranei dell’Arte a Monte Carasso, Bellinzona (CH).

Un gruppo di lavoro composto da quattro artisti -Ermanno Cristini, Barbara Fässler, Marzia Rossi, Lidia Sanvito-, un filosofo -Simone Frangi-, un critico d’arte -Alessandro Castiglioni-, si è misurato con le distorsioni spazio-temporali proposte dal lavoro di Oppy De Bernardo.

Assumendo questa questione dello sfasamento di spazio e tempo come nucleare e seminale, gli invitati hanno sviluppato un processo di lavoro autonomo e imprevisto, che ha generato una piattaforma aperta di confronto mettendo in campo la diversità delle competenze e dei punti di vista.

Il risultato di questo workshop e l’ulteriore sviluppo dei contributi sono ora esposti nello spazio di riss(e), come secondo momento dialogante, tappa di un percorso che troverà a dicembre un terzo momento di evoluzione all’interno di un appuntamento di ROAMING al Teatro Margherita di Bari: ROAMING. FIGURE III, IL DISCORSO DEL RACCONTO

In occasione di CHIRALITA’ parte seconda sabato 19 novembre sono previsti due ulteriori contributi che percorrono il tema dello sfasamento spazio-temporale:

- Metti una sera a pranzo, di Giancarlo Norese.

- Io sono preciso anche se gli altri non lo sanno, di Cesare Biratoni. 


foto Luca Scarabelli

Oppy De Bernardo, foto Luca Scarabelli


 Lidia Sanvito, foto Luca Scarabelli

Alessandro Castiglioni, foto Luca Scarabelli

 Marzia Rossi, Ermanno Cristini

  Ermanno Cristini, Simone Frangi, Barbara Faessler, foto Luca Scarabelli

foto Luca Scarabelli

 Simone Frangi, foto Luca Scarabelli

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